“Sono le piccole cose che aiutano a raggiungere la perfezione, ma la perfezione è tutt’altro che una piccola cosa” Henry Royce
IN QUESTA PAGINA SONO RAGGRUPPATE ALCUNE DOMANDE CHE RICORRONO PIU’ FREQUENTEMENTE.
SE VI FOSSERE QUALCHE QUESITO CHE A SUO GIUDIZIO MERITEREBBE DI ESSERE SPIEGATO IN QUESTA SEZIONE, LA PREGO DI SPECIFICARE LA RICHIESTA MANDANDO UNA MAIL AL SEGUENTE INDIRIZZO: alessandro.schiavetta@gmail.com
GRAZIE
1. PROBLEMI DI VENE
Dopo l’intervento di safenectomia, dove passa il sangue se mi è stata tolta la vena?
Il sangue venoso (refluo) che torna al cuore dagli arti inferiori può prendere due strade: o le vene profonde degli arti inferiori (che sono le principali, e che non vengono toccate durante l’intervento) o le vene superficiali (le cosiddette vena grande e piccola safena e i loro rami collaterali). Quando una vena safena è ammalata non solo non aiuta le vene profonde a portare il sangue dagli arti inferiori verso il cuore, ma addirittura fa il lavoro opposto, e permette perciò al sangue di “ritornare indietro” verso le caviglie, visto che la safena ammalata presenta al suo interno delle valvole incontinenti, che non impediscono il reflusso del sangue dall’alto verso il basso. Togliendo queste vene ammalate le gambe “respirano” di nuovo perchè non hanno più il sovraccarico di sangue venoso.
Dopo l’intervento di safenectomia e dopo avermi tolto i punti la gamba presenta ematomi, ecchimosi ed in alcuni punti sento dei formicolii. E’ normale?
Si, sono tutte conseguenze normali di un intervento di safenectomia o varicectomia, e sono destinati a scomparire nel giro di qualche giorno o settimana.
Mi è gonfiata una gamba, sarà un problema di circolazione?
Purtroppo le cause che possono portare una gamba a gonfiare sono molteplici, non tutte di natura vascolare. Per poter rispondere a questa domanda è necessaria una visita ed un esame eco color doppler, per escludere innanzitutto l’eventualità di una trombosi venosa profonda (una coagulazione delle vene profonde che potrebbe causare l’embolia polmonare), per poter fare una diagnosi corretta ed impostare l’eventuale terapia necessaria.
Cos’è una flebite?
La parola flebite significa infiammazione della vena. In realtà un processo flebitico si traduce spesso nella coagulazione del sangue all’interno della vena interessata. Si parla infatti anche di trombo-flebite, o flebo-trombosi. Se il processo flebitico interessa le vene profonde, si parla di trombosi venosa profonda (TVP). La flebite, oltre a determinare dolore locale, può determinare in alcuni casi conseguenze più spiacevoli come una embolia polmonare, ed è per questo che non deve essere trascurata bensì individuata e trattata tempestivamente. La tromboflebite e l’embolia polmonare possono assieme essere definite come malattia trombo-embolica.
Mi è stato consigliato di utilizzare una calza elastica. Che tipo di calza elastica devo acquistare?
Le calze elastiche si possono distinguere in due gruppi: le calze riposanti e le calze mediche elasto compressive. All’interno di ogni gruppo vi sono varie classi di compressione, diversi tipi di trama (trama circolare o trama piatta) e varie lunghezze. Solo la visita medica angiologica con l’esame eco color doppler permettono di stabilire da caso a caso qual’è la calza più idonea da utilizzare, e per quanto deve essere utilizzata. Uno degli errori più frequenti è quello di acquistare una calza “un pò stretta” affidandosi ad un negoziante, il quale ovviamente non può sapere la calza idonea nel caso specifico, oppure utilizzare una calza “che era già in casa”, magari appartenuta a fratelli o genitori, e qualora il disturbo non passasse concludere – spesso erroneamente – che la calza non è la soluzione giusta.
Ho una flebite. Posso camminare?
A che livello si è sviluppata? Interessa anche il sistema venoso profondo? Da quando è comparsa? E’ curata in modo appropriato dal punto di vista farmacologico e clinico? Purtroppo non si può dare una risposta precisa perchè ognuno è un caso a sè. In linea di massima un processo flebitico richiede riposo nella fase acuta e permette la deambulazione successivamente, a patto che siano state messe in atto tutte le terapie idonee ad evitare o quantomento a ridurre il rischio di complicanze.
2. PROBLEMI DI ARTERIE
Quando cammino per un pò mi viene male ad una gamba. Mi devo preoccupare?
Anche se possono essere diverse le cause che portano ad accusare un dolore durante la deambulazione, c’è una malattia arteriosa detta “claudicatio intermittens” che si manifesta proprio così, con il dolore ad una (o più raramente) entrambe le gambe durante la marcia. Una visita ed un accurato esame eco color doppler permettono tuttavia di confermare o escludere tale eventualità. Una diagnosi precoce è essenziale perchè permette di intervenire con le cure adeguate prima che l’eventuale malattia abbia provocato danni irreparabili. Se poi la malattia non c’è…tanto meglio!
Cos’è un aneurisma?
Un aneurisma è la dilatazione progressiva del segmento di una arteria. Per poter parlare di aneurisma, per definizione la dilatazione deve raggiungere e superare il 50% del calibro dell’arteria sana. Se per esempio una arteria normale è di 2 centimetri di calibro, si potrà parlare di anerisma se tale arteria supera in un tratto il diametro di 3 cm.
Mi è stato proposto l’intervento di endoarterectomia carotidea, ma io non ho alcun disturbo. Lo devo proprio fare?
La carotide, ed in particolare la carotide interna (ce ne sono due, una a destra ed una a sinistra nel collo) sono deputate a portare la maggior parte del sangue al cervello. Se all’interno di un segmento della carotide si vengono a depositare delle “incrostazioni” importanti al punto da restringere in modo significativo il passaggio del sangue, non solo il cervello riceve un pò meno sangue, ma c’è il rischio che un frammento della placca arteriosclerotica in questione possa staccarsi e con la spinta del sangue finire nel cervello dove potrebbe causare un ictus. Quindi l’intervento proposto – che sarà pianificato nel rispetto delle corrette linee guida – è effettuato con lo scopo di ripulire il tratto di arteria “incrostato” e scongiurare il rischio di ictus. E’ ovvio a questo punto che non avrebbe senso proporre l’intervento dopo che si è verificato l’ictus!